ANDREINA BOERO LA SIGNORA DELLE VERNICI
In principio fu la biacca. E' il 1831 e Boero Bartolomeo sale in via San Nazaro, quartiere di Albaro, allora meta turistica collinare dei benestanti genovesi. lì su quella collina, c'è una fabbrica che a Bartolomeo piace. Su cui scommette. E' una fabbrica di biacca, appunto. La compra. Intuito imprenditoriale, fiuto per il business, forse, anche. La storia delle grandi aziende, in genere, si fonda su un'idea, pervicacemente inseguita sino a che, concretamente, non si riesce a realizzare. Ci sono sempre tanto lavoro, tanta energia, tanta passione e un pizzico di fortuna dietro ogni impresa. Ed è con queste caratteristiche che quella piccola fabbrica di Albaro diventa all'inizio del nuovo secolo, nel 1907, uno stabilimento che ha bisogno di spazi più ampi, di impianti più adeguati.
La Bartolomeo Boero si trasferisce allora su un'altra collina, quella di San Martino. Al comando dell'azienda, all'epoca, c'è il figlio di Bartolomeo, Filippo. Che disegna e inventa nuovi macchinari per macinare la biacca. e prepara la trasformazione in colorificio, metamorfosi che si compie nel 1929. La base di partenza è fatta. Devono passare altri 23 anni per sentire la necessità di espandere ulteriormente le aree di produzione. Occorrono nuovi reparti dove confezionare smalti sintetici e grassi. Vengono trovati nel '42 e pochi anni dopo, nel '57, si decide il trasferimento a Genova Molassana degli impianti produttivi. La prima fase della Boero Bartolomeo Spa chiude così il suo primo cerchio: in poco più di un secolo è diventata una delle aziende leader in Italia nel settore delle vernici.
Oggi, quasi mezzo secolo dopo questa prima fase, la Boero Bartolomeo Spa è diventata una holding industriale quotata in Borsa (dall'82), che dà lavoro a 345 addetti ed è leader in Italia nel mercato delle vernici, specializzata in modo particolare nei settori edilizia, rivendita e grande distribuzione, yachting e navale. Alla guida c'è una donna elegante e fascinosa, poco mondana, molto genovese: Andreina Boero.
I giornali l'hanno definita "la signora delle vernici", perchè riesce a coniugare l'inevitabile ruvidezza del mestiere di capoazienda con la gentilezza e la cordialità dei modi.
E' presidente del gruppo da quindici anni. Unica figlia di Federico Mario (l'altra figlia, Enrica, morì nel '53, colpita da una grave malattia), entrata intorno alla metà degli anni Settanta nella Boero Colori, ma senza incarichi operativi, si è ritrovata quasi di colpo, per quegli incroci obbligati che talora riserva la vita, a dover prendere in mano le redini della società, anche se la gestione dell'azienda ha sempre scandito, seppur di riflesso, tutti i momenti della sua vita. Studi fino alla maturità dalle suore Marcelline e poi la facoltà di Economia e commercio, Andreina Boero si sposa nel '66 con Riccardo Cavalleroni. Dalla loro unione nasce Cristina. Il legame matrimoniale, successivamente, si scioglierà. Quello professionale resta intatto: Cavalleroni è tutt'ora amministratore delegato dell'azienda. Quando il padre, imprenditore illuminato, colto e impegnato politicamente (per 24 anni ha militato nelle fila della DC, con incarichi in Comune e, come vicepresidente del consiglio, in Regione), affida ad Andreina al suo ingresso in azienda la rassegna stampa, lei ha poco più di vent'anni, è già sposata e già mamma, coltiva interessi che spaziano tra quadri, libri, viaggi.
Il papà, nel frattempo trasforma l'impresa in holding, la fa quotare in bosa. Il legame tra Federico Mario e Andreina è fortissimo, come tutti i legami che riguardano l'affetto tra un padre e una figlia. "Mio padre - racconta Andreina Boero, nel suo ufficio di via Macaggi, sede del Gruppo - mi teneva molto vicina a sè. Ero sempre al corrente di tutto. Partecipavo così, di fatto, alla gestione dell'azienda. Mio padre è stato un uomo meraviglioso. Dispostissimo a cambiare idea se gli argomenti lo convincevano. Qui dentro era una figura carismatica. Quando è improvvisamente mancato, nel '91, aveva 80 anni. Il senso di smarrimento, di sconcerto - ricorda Andreina Boero - si è creato di colpo anche qui, in azienda. Lui, del resto, era praticamente nato qui dentro. E' cresciuto dentro lo stanbilimento". In quel momento qualcuno in azienda si chiede anche, preoccupato "e ora che cosa succederà? Le redini dovrebbero passare a una donna, forse vorrà vendere tutto....".
E invece Andreina Boero, costretta dalle circostanze a compiere di colpo un passo che nei pensieri di figlia via via rimuoveva, cercando di prolungare almeno psicologicamente il momento della scelta, non vende proprio nulla., anzi.
Com'è stato, all'inizio? "All'inizio stavo molto a sentire. Ho sempre avuto accanto un gruppo di dirigenti molto validi e questo è stato di grande aiuto, ma poi è stato importante anche il giorno per giorno. Con grande fatica, con un po' di timori, con l'angoscia sottile di una prospettiva che mi faceva trovare all'improvviso responsabile di tutto. Non che non ci avessi mai pensato. D'altronde, quando ero piccola, una volta alla settimana andavo a cena da mio zio, che non avva figli. Ed era sempre un via vai di persone che parlavano delle questioni aziendali. L'azienda, per mio zio, era la famiglia. E' stato un po' così per tutti.".
La decisione più difficile? "Non è semplice rispondere, perchè a volte anche le piccole decisionni costano grande fatica. Certo l'acquisizione dell'Attività è stata comunque una delle decisioni più difficili da prendere. Per la prima volta abbiamo dovuto addebitarci in modo significativo.... Sarà anche un modo un po' antico di vedere le cose, però, beh, è una situazione cui non siamo abituati. E, comunque è una situazione che dà qualche preoccupazione, inutile negarlo".
Essere donna, nel suo caso specifico, è stato più un impedimento o un aiuto? "Direi che essere donna, alla fine, mi ha aiutato. Ho trovato molta disponibilità ad aiutarmi sia da parte dei collaboratori che di alcuni amici che mi sono stati molto vicini nelle scelte più difficili. L'obiettivo è quello di consolidare le posizioni per resistere all'assalto delle multinazionali. Molti altri nostri concorrenti sono già passati di mano ai grandi gruppi stranieri."
L'azienda, pur essendo diventata plurinazionale (Boero Colori France) e vendendo i suoi prodotti in tutto il mondo, mantiene un forte legame con Genova: "Io adoro Genova. Mi piace anche per le cose che a volte vengono criticate e considerate difetti. Ma poi Genova è bella anche sotto il profilo naturale e architettonico. Io ho sempre abitato in centro e non cambierei per nulla al mondo. Genova adesso, con tutti i lavori fatti per il G8, è diventata meravigliosa e noi siamo molti fieri di aver partecipato a questo restyling, contribuendo con i nostri prodotti e la nostra tecncologia ad alcuni dei più difficili e prestigiosi restauri, come via San Lorenzo e la Stazione Marittima".
E la politica? Mai tentata dalla politica la "signora delle vernici"? In fondo anche da questo punto di vista l'eredità paterna è notevole. "Guardi, trovo che da un lato sia giusto che uno si impegni anche politicamente per dare un contributo al posto in cui si vive, si lavora. Però ritengo anche che queste cose bisogna farle bene, occorre dedicarsi totalmente. E' vero, mio papà riusciva a coniugare l'azienda e la politica, ma io non sono nella condizione di poterlo fare. Non posso mollare l'azienda".
L'obiettivo di Andreina Boero, oggi, è soprattutto uno: riuscire a "portare avanti il gruppo con la speranza che le circostanze ci consentano di andare avanti. Sempre se si può e si è in grado, mai a dispetto dei santi". Non è un impegno semplice, considerando la forza delle multinazionali che dominano il mercato. Ma sicuramente non sarà facile neppure per le multinazionali riuscire a scalfire la solidità di un'azienda che si va progressivamente consolidando.
E poi, in prospettiva, c'è un'altra donna che sta studiando da presidente: è la figlia di Andreina, Cristina, oggi mamma di tre figli maschi e, con il marito Giorgio Rupnik, che segue il settore yachting, già impegnata in azienda. La dinastia delle signore delle vernici, dunque, è destinata a continuare ancora. A lungo.