I termini processuali: guida alla decorrenza
Quando si parla di termini processuali ci si riferisce ai momenti in cui possono o devono essere compiuti gli atti relativi al processo. Nel codice di rito civile, questo tema è affrontato dagli articoli 152, 153, 154 e 155, in cui si precisano le modalità di calcolo dei termini. Bisogna operare una distinzione, in ogni caso, tra i termini processuali e quelli sostanziali, che corrispondono ai termini di prescrizione e decadenza. In particolare la prescrizione ha a che fare con l’estinzione del diritto dovuta al fatto che il titolare non l’ha esercitato per un lasso di tempo indicato dal legislatore. La decadenza, invece, presuppone l’estinzione del diritto se esso non viene esercitato entro un certo limite di tempo.
Termini processuali: le differenti tipologie
I termini possono essere classificati in modi diversi: ci sono, per esempio, i termini giudiziali, i termini legali, i termini acceleratori e i termini dilatori. In particolare si definiscono legali i termini processuali che vengono stabiliti direttamente dalla legge, a differenza di quelli giudiziali che, invece, sono fissati dal giudice nelle circostanze in cui la legge lo permetta.
I termini acceleratori e i termini dilatori
Per quel che riguarda i termini acceleratori, invece, essi indicano il momento entro cui un atto può essere compiuto. I termini dilatori, al contrario, stabiliscono il momento a partire dal quale un certo atto può essere compiuto. Nel caso in cui i termini dilatori non vengano rispettati, l’atto interessato non può essere ricevuto; essi, in sostanza, hanno il compito di assicurare il compimento adeguato dell’atto in questione. Se i termini acceleratori o quelli dilatori non vengono rispettati, si ha a che fare con altri termini: quelli perentori e quelli ordinatori.
Il termine perentorio e il termine ordinatorio
I termini fissati dalla legge, per esplicita previsione del codice, sono del tipo ordinatorio, eccezion fatta per i casi in cui è direttamente la legge a parlare di termini perentori. Ma che cosa vuol dire in concreto tutto questo? Qualora un termine sia perentorio, se esso decorre in mancanza del compimento dell’atto viene meno il potere di compierlo. Tuttavia, la rimessione in termini può essere disposta dal giudice qualora una parte dimostri che la decadenza sia dovuta a ragioni che non le si possono imputare. Nel caso in cui un termine sia ordinatorio, invece, è facoltà del giudice prorogarlo o abbreviarlo, anche d’ufficio. Quando la proroga avviene prima della scadenza stabilita in origine, l’atto non può decadere. Ci sono dei limiti da rispettare, comunque, per la proroga, che non può durare più del termine ordinario. La si può rinnovare unicamente per ragioni molto gravi.
Come si calcolano i termini
Il Codice di Procedura Civile disciplina le modalità di calcolo dei termini, che variano a seconda che i termini siano a mesi o ad anni oppure a giorni o ad ore: in questo secondo caso, infatti, l’ora o il giorno iniziali vengono esclusi, e in alcune circostanze si esclude anche il giorno finale.
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